Pugni
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Pian piano vennero a salutarmi tutti quelli della palestra. Mi stringevano e mi davano pacche sulle spalle e salutavano Beppe come parte della banda. E durante gli incontri ogni tanto mi dicevano «ci dovresti essere te lassù». In effetti non era male come idea: mi ci vedevo ben lassù sotto quei riflettori a danzare intorno a un avversario e riempirlo di diretti come punture di zanzara, e poi alle fine farmi alzare la mano dall’arbitro sotto gli applausi scroscianti o guardare l’altro steso a terra dopo un bel destro secco al mento.
Ma mia mamma maremma cane non voleva, e allora me ne stavo a guardare e mi facevo bastare la sicurezza che tanto avrei vinto e le pacche dei miei compagni e gli sguardi di Beppe che in quel momento mi vedeva un po’ come un mito.