Sacrificio
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«Hai un’idea di che cosa è stato per me quest’ultimo anno?» Duncan non riusciva a guardarmi in faccia. «Ogni santo giorno, nel mio lavoro vedo, tocco e parlo con donne incinte. Devo ascoltarle mentre si lamentano della nausea, della stanchezza, del mal di schiena, della tensione alla vescica, e sono costretta a trattenermi per non prenderle a ceffoni e urlare: “Falla finita, brutta stronza, e ringrazia il cielo”. Devo toccare i neonati, sentire i loro corpicini tra le mani, e ogni volta non so se ho più voglia di portarmeli via o di gettarli dalla finestra. Ogni volta che ne porgo uno alla madre mi sembra che il mio cuore si spacchi in due. Vorrei buttarmi per terra in sala parto e singhiozzare; “Perché, perché, perché io no? Perché qualunque donna al mondo può avere un bambino e io no?”».