Un colpo al cuore
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Aveva viaggiato leggera. Fisicamente, quantomeno. Il bagaglio ingombrante era rappresentato dalla memoria e dal senso di colpa. Ma in qualche modo il viaggio l’aveva riconciliata col passato, anestetizzandola. In quel momento, però, avvertiva il bisogno di tornare. Il lavoro era la sua espiazione. Il suo baricentro esistenziale.
“Prendi la chiamata di Rais come un segno del destino” rifletté una volta tornata in albergo, mentre l’acqua calda della doccia scioglieva i muscoli annodati dalla corsa. “D’altronde non puoi vivere scappando.”
Dopo essersi asciugata i capelli, si guardò allo specchio. Stirò le labbra e si studiò la dentatura. Osservando la fluorescenza lattea della sua arcata, Eva ripensò al sacchetto contenente quei ventotto denti, e inorridì.
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